C. Bastasin: Regole europee, la tentazione del mancato accordo
Dopo aver avviato il processo di riforma della governance economica europea nel 2020, la Commissione europea ha proposto a novembre 2022 i propri orientamenti al riguardo. Il Consiglio Ue ha dato sostegno ad essi con le conclusioni del marzo 2023, aprendo la fase delle proposte legislative. Il processo dovrebbe concludersi nel 2023 e le nuove regole entrare in vigore nel 2024.
Gli orientamenti della Commissione prevedono di passare dal set attuale di regole basato su variabili non osservabili (deficit strutturale con output-gap) o irrealistiche (riduzione annua del debito eccedente di 1/20) a una regola della spesa basata sull’analisi di sostenibilità del debito adattata alle circostanze specifiche di ogni paese. Lo Stato membro condurrebbe l’aggiustamento in base a un piano fiscale-strutturale concordato con la Commissione.
La prima obiezione alla Commissione è giunta da un “non paper” del ministero delle Finanze tedesco che propone di reintrodurre riferimenti numerici minimi per la riduzione del rapporto debito-pil validi per tutti i paesi, benché suddivisi tra paesi ad alto debito e a basso debito. La proposta è stata criticata per i suoi caratteri (facilmente rimediabili) di pro-ciclicità, ma raccoglie il consenso di altri stati “frugali”.
In occasione dell’Ecofin di febbraio il ministro Giorgetti è parso vicino alla posizione della Commissione: “Condividiamo che venga considerata la situazione specifica di ogni paese”. Dopo l’Ecofin di marzo ha aggiunto: “L'Italia sostiene il suggerimento della Commissione (…) che però non può essere considerato un punto di arrivo”. Giorgetti vuole discutere la riforma delle regole insieme ai piani di investimenti comuni europei, una richiesta giustificata ma ormai inattuabile.
La distanza tra le capitali può essere ridotta nel negoziato dei prossimi mesi. Un mancato accordo implicherebbe l’inapplicabilità di sanzioni per la perdita di credibilità delle regole e della Commissione a cui spetta individuare le violazioni e proporre le sanzioni. In alternativa, il protrarsi del negoziato renderebbe impossibile l’applicazione delle nuove regole nel 2024 rinviandola di almeno un anno. L’Italia non deve cedere alla tentazione di contribuire al mancato accordo. In assenza di regole, la BCE potrebbe non avere la giustificazione giuridica per intervenire a sostegno di un paese “compliant” in caso di crisi finanziaria. La mancata adesione italiana alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità rende la rete di sicurezza europea ancora più fragile.